Cosa è la psicoterapia psicosintetica?

Psicosintesi nasce agli inizi del secolo scorso ed il suo fondatore, lo psichiatra Roberto Assagioli, fu il primo membro italiano della Società Psicoanalitica di Zurigo.

Dopo una prima fase di collaborazione con Freud e Jung, Assagioli dà vita ad un modello che, pur conservando la natura psicodinamica, integra anche i contributi della psicologia umanistico-esistenziale ed apre la strada alla corrente della psicologia  transpersonale.

Il termine ” transpersonale ” fu utilizzato da Assagioli, per definire una psicologia che si occupa anche degli stati cosiddetti non ordinari della coscienza, dei valori etici, delle qualità e potenzialità presenti nell’essere umano, motori a loro volta delle varie funzioni: cognitive, emotive, sensoriali, immaginative, intuitive.

La psicoterapia psicosintetica si propone come approccio olistico ed integrato alla cura della persona nelle sue dimensioni corporea-emotiva-cognitiva-spirituale.

Obiettivo della psicoterapia psicosintetica è la presa in carico della persona considerandone la complessità dell’esperienza soggettiva. Ogni essere umano è infatti portatore di vissuti e cognizioni unici ed irripetibili.

Alla classificazione dell’esperienza (compresa quella patologica e disfunzionale) si preferisce la comprensione dei meccanismi sottostanti che la motivano e sorreggono. Lo scopo è quello di permettere alla persona di rendere sempre più armonico ed integrato il proprio essere nel mondo.

Consapevole della complessità dell’esperienza umana la Psicosintesi, da sempre, ha un atteggiamento di apertura rispetto ai contributi teorici e tecnici degli altri approcci. Da questo punto di vista integra nel proprio bagaglio tecniche di varia provenienza, pur mantenendo una specificità propria.

Da un punto di vista teorico la Psicosintesi offre un modello completo ed epistemologicamente innovativo che nel corso degli anni ha trovato sempre più conferme in ambito scientifico.

Alcuni dei concetti chiave della Psicosintesi sono:

Teoria delle Subpersonalita: Come già affermato da William James, la personalità umana non è monolitica, ma multiforme e multifattoriale. L’esperienza di tutti i giorni ci conferma che, pur nella coerenza dell’esperienza soggettiva dell’essere se stessi, possono variare enormemente atteggiamenti corporei, emozioni e modalità cognitive e comportamentali al cambiare dei contesti o dei ruoli che ricopriamo. Il riconoscimento di tale molteplicità permette di prendere contatto con una varietà di contenuti che normalmente vengono vissuti in maniera del tutto inconsapevole e automatica, ma che possono divenire fonte di arricchimento e crescita se orientati da un Io consapevole.

Identificazione e disidentificazione: ogni contenuto della nostra mente-corpo ci domina nella misura in cui siamo immersi (identificati) in esso. La disidentificazione permette di assumere l’atteggiamento dell’osservatore, sviluppando una sempre maggiore capacità di divenire consapevoli di ciò che avviene all’interno di noi. Questo consente di conoscere questi contenuti, di relativizzarli, accoglierli, valutarli, imparare a gestirli ed eventualmente trasformarli. La identificazione in un vissuto di Presenza permette lo sviluppo e la manifestazione della propria centralità.

La volontà: di recente riscoperta dalle teorie cognitive la volontà è da sempre al centro dell’intervento psicoterapeutico in psicosintesi. Essendo la funzione psichica più strettamente in relazione con l’Io, essa permette, una volta realizzata la disidentificazione, di agire e scegliere. E’ l’elemento essenziale di ogni processo di integrazione e autodeterminazione.

Il Sè Transpersonale: una visione completa e complessa dell’essere umano non può prescindere dal considerare una dimensione che da sempre ed universalmente influisce sui vissuti ed il comportamento. La dimensione spirituale in psicologia ha trovato sempre poco spazio di studio e la psicosintesi vanta in questo ambito una conoscenza e un’esperienza di più di un secolo.

La SIPT (Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica) è nata nel 1974 e dal 1994 è riconosciuta dal MUR, essendo di fatto una delle più antiche scuole italiane. La SIPT è membro dell’European Federation for Psychosynthesis Psychotherapy ed intrattiene rapporti di collaborazione scientifica con Centri e Organizzazioni di Psicosintesi sparsi in tutto il mondo.

La  psicoterapia psicosintetica rimane a tutt’oggi l’unico approccio terapeutico, riconosciuto a livello internazionale, nato e sviluppato in Italia.

Come lavora lo psicoterapeuta psicosintetista?

La matrice psicodinamica dell’intervento psicosintetico rende ovviamente impossibile indicare dei canoni fissi. Non esiste un protocollo rigido della psicoterapia psicosintetica in virtù del principio di non riduzionismo. Ogni singolo intervento si costruisce intorno all’unicità della storia portata da quella specifica persona. E’ l’intervento che si adatta alla persona e non il contrario.

L’intervento psicosintetico può tuttavia contare su alcune linee guida che orientano il terapeuta:

1) Il lavoro di psicoterapia psicosintetica è “bifocale”. Il focus dell’attenzione è rivolto sia al presente della persona, ai vissuti e alle contingenze che probabilmente lo hanno spinto a cominciare un percorso, sia al passato, alla storia pregressa, a tutto ciò che ha contribuito a creare la situazione di disagio attuale.

Il lavoro, quindi, potrà avvalersi sia di modalità d’intervento più classicamente psicodinamiche e di indagine del profondo, sia di strategie focalizzate sul qui e ora.

2) La formula che condensa il percorso psicosintetico è Conosci-Possiedi-Trasforma.

Il primo fondamentale passo è la conoscenza di se stessi. La molteplicità delle parti che compongono la personalità (sensazioni corporee, vissuti emotivi, pensieri, immagini, desideri, ecc.) sono spesso poco integrate tra loro tanto da apparire come elementi indipendenti e non gestibili. La costruzione di una “mappa” della personalità rappresenta uno strumento indispensabile per un intervento efficace.

3) Alla base dell’intervento della psicoterapia psicosintetica c’è la convinzione che anche nell’individuo più compromesso esiste una parte sana. Compito del terapeuta psicosintetista è rintracciare tale parte sana (spesso ridotta ad uno stato di latenza) e cercare un’alleanza con questa. Pur essendo di primaria importanza il benessere della persona, inteso anche come intervento sul sintomo, l’attenzione del terapeuta non sarà rivolta solo alle parti malate, ma anche alle residue potenzialità dell’individuo. Questo rende la psicoterapia psicosintetica adatta sia ai casi di disagio e patologia psichica anche grave , sia nei percorsi di crescita ed armonizzazione personale.

Quali tecniche si usano?

La Psicosintesi riconosce il valore dei contributi degli altri approcci e fa tesoro di questi. Sono quindi usate, accanto alle tecniche più tipicamente psicosintetiche, altre tecniche di comprovata efficacia.

A titolo di esempio:

  • Tecniche immaginative
  • Tecniche meditative
  • Tecniche a mediazione corporea
  • Tecniche di drammatizzazione
  • Tecniche gestaltiche
  • Tecniche psicodinamiche di esplorazione dell’inconscio
  • Tecniche proiettive
  • Tecniche di scrittura
  • Tecniche espressivo-creative

La terapia psicosintetica utilizza inoltre tecniche di allenamento alle funzioni psichiche, emotive, sensoriali.

Rimane fermo il principio che qualunque tecnica è efficace solo all’interno di una relazione terapeutica  salda ed empatica. Da questo punto di vista si può affermare che nella psicoterapia psicosintetica la tecnica principale è proprio la relazione terapeutica.

Proprio perchè convinti che sia il terapeuta, con la sue competenze professionali, ma soprattutto con le sue qualità umane ad essere strumento terapeutico, nel percorso formativo quadriennale della SIPT è dato ampio e fondamentale spazio al lavoro personale, sia individuale che in gruppo.